Accademia di Kinesiologia

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La Kinesiologia al tempo del Coronavirus.

 

A febbraio 2020 chiunque in Italia si sarebbe rifiutato di considerare possibile lo scenario che poi è diventato abituale per tutti appena qualche settimana dopo.

Strade e piazze deserte. Attività lavorative, sociali e ricreative azzerate. Arresti domiciliari per tutti, adulti e bambini, con richiami di responsabilità e sanzioni.

Ricordo ancora il mio personale sgomento il giorno in cui furono improvvisamente chiuse le Università Maggiori, il Teatro alla Scala, lo stesso Duomo di Milano… Scenari che non si erano visti nemmeno durante la Grande Guerra…

Le difficoltà aiutano a portare fuori ciò che l’individuo ha dentro (sia di positivo che di negativo), e vi è stata quindi l’opportunità di verificarlo in occasioni per fortuna anche toccanti. Il mio plauso personale ad ogni singolo che ha saputo trovare in tale occasione l’opportunità di far agire il suo cuore, esprimendo il proprio coraggio.

Le domande in questo momento sono molte di più delle risposte, e sarà dunque possibile cercare di comprendere meglio il quadro attuale soltanto negli anni a venire, lavorando in retrospettiva. Rimane il fatto che una volta di più la situazione è stata presentata come una battaglia in cui va sconfitto il nemico di turno, in questo caso un coronavirus…

Discutibilissima da un punto di vista scientifico, tale presentazione dall’altro lato ha direttamente prodotto un contesto di paura e separazione, a fronte di una minaccia perlomeno potenziale e (peggio ancora) invisibile, rappresentata magari dalla persona con cui si condivide l’appartamento.

Una volta ancora la percezione recepita è dunque quella di Terapia come Eliminazione, Sconfitta di un Nemico, Estromissione di Estranei (virus o altro) dal proprio Territorio. Paura, paura, paura. E separazione.

Con consapevole rispetto per le differenti caratteristiche di differenti approcci terapeutici, non è questo il significato di “Terapia” che cerchiamo di trasmettere all’interno dell’Accademia di Kinesiologia. Proprio la scienza contemporanea (e non assunzioni troppo spesso ostentate come “scientifiche”) ci dimostra in maniera sempre più chiara che nulla è separato da nulla, tutto è in rapporto con tutto. Addirittura lo stesso Papa, nel suo discorso del 27 marzo scorso rivolto ad una Piazza San Pietro deserta, ha detto: “Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato.”

Ciò va inteso in senso positivo. Comunione invece di separazione. Se per essere sani dovessimo tenere i virus lontani da noi allora saremmo già morti, come qualsiasi testo di biologia elementare è immediatamente in grado di spiegare.

Non si tratta di non cadere, si tratta di mantenere la capacità di rialzarsi. Non si tratta di guardare con terrore al rischio di ammalarsi, bensì di enfatizzare la propria capacità di guarire. Da questo punto di vista in più di 25 anni di attività ho potuto constatare innumerevoli volte come la persona, nella globalità di tutte le sue differenti componenti, sia in grado di esprimere immediatamente capacità di guarigione impossibili da accettare dalla nostra razionalità.

Già Marco Aurelio scriveva quasi duemila anni fa: “Tutto ciò che vediamo è una prospettiva, non la verità”. Proprio allo scopo di riportarsi al concetto originario di Terapia (Therapeía) quale assistenza a chi è in bisogno, un terapeuta ha il dovere di sforzarsi di ampliare la sua prospettiva, al fine di riuscire ad accogliere le esigenze e le risorse che il suo paziente in quel momento sta mantenendo. Altrimenti il rischio è, in una prospettiva limitata, di dare ciò che si vuole dare e non ciò di cui l’altro ha bisogno, tradendo così proprio il senso originario di Terapia.

Ciò risulta ovviamente lontano dal tipico approccio riduzionistico occidentale, rivolto ad agire dall’esterno in maniera diretta e mirata sul singolo elemento che evidenzia (con chiarezza logica) una criticità. Un “nemico” da sconfiggere.

Eppure già Marco Aurelio ben sapeva che non è il fattore, bensì la nostra reazione a quel fattore ciò che fa la differenza, anche in termini di benessere e malessere. Da questo punto di vista un terapeuta competente (anche con il prezioso aiuto della Kinesiologia) deve essere in grado di separare i sintomi dal reale problema, e “vedere” ciò che è spesso manifesto (benché mai al paziente): il disagio richiama la sua attuale non accettazione di esprimere capacità che in realtà egli sta già possedendo. Una opportunità travestita da difficoltà.

Al momento in cui tale opportunità terapeutica viene ad essere compresa, la Kinesiologia Contemporanea è in grado di offrire oggigiorno strumenti comunicativi di una sofisticatezza tecnica inimmaginabile per chi non ne conosce ancora l’utilizzo, in grado di attingere immediatamente a quell’enorme bacino di risorse di guarigione che ogni persona mantiene in sé.

Tutto ciò è semplice, molto semplice. Malgrado ciò oggigiorno solamente una ristretta élite è realmente in grado di padroneggiare tali risorse tecniche, a cui tutti peraltro potrebbero avere accesso. Il motivo è purtroppo banale.

Dopo oltre venticinque anni di insegnamento di tali conoscenze, so che malgrado gli sforzi chi deve apprendere non guarda ciò che gli viene mostrato...

La Kinesiologia è una disciplina terapeutica semplice, originale ed efficace che si esprime attraverso un modello operativo suo proprio e differente da quello di altre terapie. Il tipico studente cerca costantemente di riportare ciò che di nuovo gli viene presentato a qualcosa che già conosce e che gli assomigli un po’. Questo può apparire umano, ma così facendo egli perde il senso proprio del concetto originale e tende ad essere convinto di avere capito tutto, dato che è riuscito a tradurre tutto ciò che gli è stato presentato in termini di altro da lui conosciuto. Si aspetta a quel punto che tale sua traduzione mantenga le caratteristiche dell’originale, e al momento in cui non lo fa giudica quindi che l’originale non funzioni, senza però rendersi conto di non averlo mai, sino a quel momento, acquisito. La soluzione è peraltro semplice, ma richiede coraggio: accettare la propria (iniziale) ignoranza ed accettare di praticare ciò che (in quel momento) la propria razionalità rifiuta. Una volta fatto ciò, ciascuno è in grado di percorrere comodamente l’autostrada dell’apprendimento della Kinesiologia con la massima soddisfazione personale. Ma ciò deve essere fatto prima.

Certo non aiuta da questo punto di vista che proprio per quel che riguarda la Kinesiologia vi sia attualmente una ignoranza enorme che l’attornia e che non risparmia video, libri, corsi, in cui chi non ha ancora capito di non avere capito insegna ad altri la propria versione di quel che ritiene di avere capito. Uno scempio di risorse preziose.

Se questo tempo di Coronavirus può portare con sé qualcosa di positivo al riguardo, è proprio, per reazione, quello di guardare alla persona in sé come sua massima risorsa. Non solo un consumatore o un produttore (temporaneamente impedito dalle circostanze in tali ruoli), ma un essere vivente con dei valori e degli obiettivi, il rapporto con i quali determina le sue esperienze, mentre è sempre lui che può e deve determinare come rapportarsi ad esse. L’appropriarsi di tali risorse è profondamente terapeutico, e consente poi di risolvere “magicamente” la maggior parte di quei disagi, grandi o piccoli, che la razionalità ci porta spontaneamente a voler inquadrare in un’ottica di rifiuto ed eliminazione, anziché di accettazione e superamento.

La Kinesiologia anche al tempo del Coronavirus può dunque consistere nel saper impiegare le sofisticatissime risorse tecniche di comunicazione terapeutica da essa messe oggi a disposizione per stimolare in maniera automatica l’espressione di risorse profonde della persona, senza nemmeno che lei se ne accorga, e facilitare così guarigioni “spontanee” dai propri differenti disagi, in modi che rimangono peraltro incomprensibili ad un approccio logico lineare qual è quello abituale.

Tutto ciò è bello, arricchisce il potere della persona rendendola più felice, serena e creativa e non la blocca nella paura della malattia bensì la apre alla consapevolezza della guarigione. E si chiama Kinesiologia. Per quei pochi che la conoscono e per tutti coloro che desiderano apprenderla, aprendo il proprio cuore a nuove capacità di aiutare sé e gli altri.

 

Dr. Diego Vellam

Accademia di Kinesiologia

Milano, marzo 2020

 

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